Così scrive Lucia Boccadamo sul sito www.personaedanno.it , e prosegue citando una sentenza del Tribunale di Napoli a cui ha fatto riferimento il giudice di Bologna: “La contrarietà all’interesse del minore non può certo ritenersi insita nella identità omosessuale del genitore, così come non può esserlo nelle “opzioni politiche, culturali, religiose, che pure sono di per sé irrilevanti ai fini dell’affidamento”, poiché “l’omosessualità, infatti, e beninteso, è una condizione personale, e non certo una patologia, così come le condotte/relazioni omosessuali non presentano, di per sé, alcun fattore di rischio o di disvalore giuridico, rispetto a quelle eterosessuali”
Il padre gay, quindi, salvo non dimostri di essere persona per altre ragioni inadeguata - non diversamente che un eterosessuale - è non solo genitore meritevole di ottenere l’affidamento condiviso della propria figlia, ma è perfettamente in grado di “rispettare le esigenze e i diritti della figlia, di condurla in ambienti e di garantirle orari e stili di vita adeguati alla sua età” e di “assumere pienamente la responsabilità genitoriale, compito cui è chiamato alla pari della madre”.
(…) Il decreto del tribunale di Bologna presenta i tratti di una tappa rispettosa e discreta ma inesorabile nel segno del progresso della società.
Lucia Boccadamo conclude citando, tra l’altro, la pronuncia della Corte di Cassazione 25.7.07, n. 16417, che definisce (finalmente) l’omosessualità come “condizione dell’uomo degna di tutela in conformità ai precetti costituzionali” e manifestazione del “diritto alla realizzazione della propria personalità”.
Come fa ben sperare anche il decreto del tribunale di Bologna, la strada è aperta; bisogna solo avere le scarpe giuste per percorrerla.
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