mercoledì 26 novembre 2008

Questo puzzle puzzle mondo

Proviamo a spostarci in oriente, per vedere che si dice in ambito glbt. L'occasione ci è offerta da Bollywood, l'elefantiaca industria cinematografica indiana, con l'uscita di un nuovo film: "Dostana" (che significa "amicizia") è una commedia che racconta la storia di due uomini, Sameer e Kunal, che si fingono gay per convivere con una donna, Neha (qui la scheda del film). Sembrerebbe tutto tranquillo, invece occorre analizzare alcuni aspetti del subcontinente indiano per capire quanto sia rivoluzionaria la presenza della tematica gay con un impatto familiare e rassicurante all'interno di un film proiettato in migliaia di sale del Paese, recitato da attori di forte richiamo, e diretto da Karan Johar, regista importante ed aprezzato nonchè impegnato nell'abolizione dell'articolo 377.
L'articolo 377 del Codice Penale, redatto nel 1860 da Lord Thomas Macaulay e pesante eredità del colonialismo inglese, ancora oggi prevede la pena detentiva per tutti gli atti sessuali considerati "innaturali"(e qui, oltre al rapporto prettamente omosessuale, vengono inseriti in generale il rapporto anale, quello orale, arrivando addirittura alla zoofilia). 
Tornando indietro di qualche migliaio di anni, c'è da notare che nei testi sacri e filosofici, come il Rig Veda e il Kama Sutra, l'omosessualità era ben presente (v. Wikipedia), con un principio di base che sosteneva semplicemente che "in tutto ciò che concerne l'amore, ognuno deve agire in accordo con i costumi del proprio paese e con le proprie inclinazioni" (Kama Sutra, cap IX). 
Le testimonianze del legame tra orientamento/identità e sacralità nella secolare cultura indiana sono innumerevoli, da personaggi dichiaratamente omosessuali e lesbiche, a travestiti ed ermafroditi, ma la più eclatante è legata sicuramente al mondo transgender: sono infatti ben integrati anche nella società contemporanea gli Hijras, transgender MtF, un terzo genere considerato a sé stante, devoti a Ardhanarisvara (nell'immagine la divinità metà uomo e metà donna). 
Tornando in epoca post-colonialista i passi in avanti ultimamente sono stati enormi: l'informazione globale, l'associazionismo, la sensibilizzazione, hanno portato ai tre Pride (a New Delhi, Calcutta e Bangalore) organizzati per la prima volta nel 2008. Oggi esistono numerosi movimenti per la difesa dei diritti glbt, come ad esempio la GALVA (Gay And Lesbian Vaishnava Association), e proprio le forti istanze dei movimenti hanno portato a settembre di quest'anno l'Alta Corte indiana, in collaborazione con la ministra della Sanità Anbumani Ramdoss, a porre la questione al governo, obbligandolo ad alcuni giorni di animata discussione. I primi passi sembravano avviati nella direzione giusta, e la situazione lasciava ben sperare riguardo la depenalizzazione. Purtroppo, però, ha vinto l'ala conservatrice, e il codice penale è rimasto invariato. Ma qualcosa ormai si è mosso.
Per dare un altro segno dell'evoluzione indiana - e delle contraddizioni insite al sistema - segnaliamo un'altra notizia di alcuni giorni fa che ha del surreale: una coppia gay israeliana ha potuto avere un figlio grazie alla maternità surrogata di una mamma indiana. Il piccolo è nato il 12 ottobre scorso nella provincia di Bandra, in uno stato in cui - lo ricordiamo - la sodomia è punita con l'ergastolo. La famigliola tornerà in Israele, un paese in cui le coppie omosessuali non si possono sposare nè adottare figli, ma se la coppia si sposa all'estero e il figlio si sottopone alla prova del DNA, allora al nucleo verranno riconosciuti tutti i diritti di una famiglia "naturale". 
Viviamo in un mondo che sembra una specie di complicato puzzle: certo, riunendo tutti i pezzi si elude la schizofrenia. Ma forse sarebbe più facile essere meno ipocriti e lasciare maggiore libertà di amare. Ovunque.

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