


Forse anche molti gay e molte lesbiche non vorrebbero sentir parlare di Vaticano, ma la questione è un po’ più complessa, perché da piazza san Pietro non si perde occasione per far sentire cori di condanne, censure e anatemi a 360°.
Alcuni giorni fa, ad esempio, il Vaticano tra squilli di trombe e rulli di tamburi ha emanato un documento in merito alla selezione per aspiranti seminaristi secondo il quale dovranno essere verificate eventuali "tendenze omosessuali fortemente radicate" nei candidati, e le stesse, una volta accertate attraverso apposito test psicologico, saranno motivo di esclusione. E’ anche noto che l’abito talare non è così ambito in questi tempi, quindi apprezziamo il coraggio di rendere più restrittivi i criteri di selezione della s.s. (non equivochiamo: significa santa sede). La buona notizia? Beh, a nome del popolo gay ringrazio Ratzinger per aver contribuito a lasciare svincolati dal voto di castità un gran numero di preti mancati (v. foto a sinistra), che rimarranno così liberi di vivere serenamente i loro desideri affettivi e sessuali.
Per non apparire troppo cinico, comunque, vi invito a rileggere un post sul rapporto tra fede e omosessualità pubblicato a luglio su questo blog, da cui si percepisce chiaramente che i gesuiti sulle questioni glbt hanno un’opinione decisamente più illuminata e friendly rispetto a certi oscurantismi reazionari delle gerarchie vaticane.
Sempre in relazione alle note oscure del coro cattolico, metto in evidenza un’altra notizia recenteer aver lasciato liberi dal voto di castità un gran numero di preti mancl coraggio della S.S. (significa santa sede, non equivo che non ha avuto molta diffusione. Si tratta dell’infiltrazione di due giornalisti d’assalto, Ornella De Zordo e Saverio Tommasi, in un cosiddetto “campo di guarigione” per gay (uno di quei centri che dichiarano di utilizzare la preghiera per “guarire” dall’omosessualità, nonostante la condanna unanime dell’ordine degli psicologi). Il risultato di questa incursione è visibile su You Tube cliccando qui: ve ne consiglio vivamente la visione per avere una misura del senso del grottesco che l’essere umano può raggiungere, e per comprendere a che punto può arrivare l’integralismo ispirato a riferimenti attualissimi e perfettamente contestualizzati come la Genesi o il Levitico (parliamo del primo e terzo libro della plurimillenaria Bibbia, testo sacro per qualcuno, trattato sociologico ante litteram per altri). Ovviamente in questo caso la buona notizia è rappresentata dal lavoro dei due giornalisti che si sono spinti in prima linea per fare vera informazione, e per suonarle di Santa Ragione ai sedicenti guaritori (è anche possibile ringraziarli del servizio prestato facendo una donazione su questo link).
Eppure il mondo cattolico è più complesso di quanto il Vaticano voglia mostrare, e gli esempi positivi, come spesso accade, sono ben lontani dai palazzi del potere: si manifestano tra la gente comune, gli eroi anonimi e sconosciuti che non fanno notizia. E’ il caso di un sacerdote della comunità delle Piagge, a Firenze, che durante la messa di domenica 23 novembre celebrerà la benedizione delle nozze d'argento tra Fortunato Talotta e la moglie Sandra Alvino, nata uomo e successivamente diventata donna. La coppia è sposata civilmente da 25 anni: desidererebbe celebrare anche il matrimonio religioso, ma il loro sogno è costantemente osteggiato dalle gerarchie ecclesiastiche, qui rappresentate dal vescovo Antonelli.
Importante la presa di posizione del parroco, don Alberto Santoro: “Ogni anno alle Piagge con la comunità abbiamo acceso una candela e scandito i nomi delle tante persone uccise nel mondo per l’intolleranza e l’ostracismo verso le persone omosessuali, trans, transgender. Questi nomi e queste storie non possono e non debbono essere dimenticate”. Fortunato e Sandra al momento non potranno coronare il sogno di sentire un organo che suona la marcia nuziale del loro matrimonio, ma Don Alberto con il suo gesto ha preso una decisione simbolicamente molto importante: ha fatto sentire una voce fuori dal coro.
Per qualcuno sarà stonata, ma per noi è una voce che dà maggiore armonia ad un mondo che, nonostante tutto, continua inesorabilmente a cantare. Pardon: a cambiare.Il 2 settembre 2008 è stato il giorno di un coming-out senza remore, senza condizioni, direttamente stampato sulla prima pagina di un quotidiano.
Qualcuno potrebbe chiedersi il perché. Ed ecco alcune risposte.
Perché è bello venire allo scoperto, più bello e meno difficile di quanto si possa immaginare prima di averlo fatto.
Perché ogni tanto è necessario affrontare le proprie paure, per sentirsi vivi, e per capire di essere forti abbastanza per gestirle e accettarle.
Perché ti cambia, dentro e fuori.
Perché a volte occore gradualità, ma in certi momenti è necessario uno scossone improvviso.
Perché è una buona notizia da pubblicare sul tuo blog.
Perché dimostri gratitudine verso chi l’ha fatto prima di te.
Perché nascondere una parte di se stessi è come considerarla sbagliata.
Perché da qualche parte bisogna pur cominciare per dare visibilità anche dove appare più difficile.
Perché il mezzo principale per combattere l’omofobia è l’informazione diretta.
E perché esistono fidanzati, amici, amiche, genitori, sorelle, cugini e un sacco di altre persone positive, tutte pronte a darti sostegno anche in un momento così difficile e importante, con un messaggio, un fiore, una bottiglia di spumante, una parola di ammirazione, e dimostrarti così quanto sono orgogliose di te e con te. A quel punto capisci di aver fatto la cosa giusta, e i nodi si sciolgono.
Avanti ora, verso il prossimo passo.
Grazie a Francesco, il mio amore, e a tutti/e coloro che hanno espresso il loro sostegno.
Facciamo prima un passo indietro, nell’agosto 2007, quando il vicesindaco trevigiano Giancarlo Gentilini intende cacciare i “culattoni” – appellativo da lui stesso gentilinimente concesso – che si incontrano nottetempo in cerca di un contatto segreto nei pressi del famigerato parcheggio, e promette il pugno di ferro e l’aumento dei controlli nella zona.
Non ho in mente la fisionomia del vicesindaco, ma mi piace immaginarlo nei panni di una maestrina isterica che rincorre i ragazzini con la bacchetta in mano per redarguirli urlando con la voce stridula frasi incomprensibili. Il risultato è l’accusa di omofobia e l’organizzazione di un “kiss-in” di massa che trasforma la città nella capitale estiva dell’orgoglio gay.
Trascorre un anno, e arriviamo all’agosto 2008: una rete televisiva locale decide di tornare nel parcheggio con telecamere nascoste. La Maestra Gentilini visiona il filmato e… sorpresa! Quei monelli continuano a baciarsi e palpeggiarsi come se nulla fosse! Questa volta l’ira della maestrina isterica si rivolge alle forze dell’ordine che non hanno rispettato le sue direttive, e promette al rientro in classe dopo le vacanze di “prendere provvedimenti” e mettere “tutti in fila” (quelle virgolettate sono parole sue).
Al di là dell’inevitabile sorriso, la buona notizia è che, fortunatamente, le ossessioni di un singolo soggetto spesso non vengono assecondate dalla collettività, e che le forze dell’ordine hanno facoltà di scelgliere di utilizzare le loro (scarse) risorse dove ritengono più utile, senza dover necessariamente soddisfare i capricci della maestrina, del vicesindaco o del presidente del consiglio di turno.
“Il Presidente Martin Torrijos Espino ha depenalizzato l’omosessualità a Panama (nella foto un'immagine del Pride 2007). Il 29 luglio il Presidente Espino e il ministro della Sanità Rosario E. Turner hanno firmato un decreto per l’abrogazione di una legge del 1949 (!) che considerava il rapporto omosessuale un reato penale da punire con una multa di 500 dollari o con la condanna al carcere. La depenalizzazione è giunta a seguito delle proteste del gruppo New Men and Women of Panama, così come riportato dal San Francisco Bay Times. Il divieto di rapporti omosessuali è stato considerato incoerente con il trattato internazionale dei diritti umani ratificato da Panama, e con la stessa Costituzione panamense. La legge, inoltre, era in conflitto con la politica del Ministero della Salute finalizzata a preservare il rispetto per le preferenze sessuali di ogni individuo, senza l’esistenza di qualsiasi tipo di discriminazione, nell'ambito dei programmi legati alle malattie sessualmente trasmissibili (...)” (Rachel Charman)
Il Canale di Panama si tinge d’arcobaleno.
Ecco le sue parole in presa diretta: “Aprite le vostre fottute menti, aprite le vostre menti. Accettate le persone diverse da voi, e lasciate essere le altre persone come sono. Ci sono state tante persone che mi hanno chiamato gay solo perchè portavo dei Jeans più attillati rispetto agli altri, o perchè gli dicevo “come fai a dire frocio” di fronte ad una persona gay trattandola male come se niente fosse! Questa merda è irrispettosa. Vengo da Chicago, dove se vedi un ragazzo gay dovresti stare alla larga almeno a 10 passi di distanza. È tempo di rompere con queste cose, con gli stereotipi, con le paure, con questa dichiarazione vorrei ottenere che la gente cominci a credere in ciò in cui credo io, accettare le persone per quello che sono… molti di loro sono talenti puri, e se fanno qualcosa di speciale per il mondo, vengono comunque discriminati. Ho volato in giro per il mondo, e sono tornato qua per dirvi, aprite le vostre fottute menti e vivete una vita più felice…”
Insomma: se una brutta notizia viene smentita diventa una buona notizia (anche se resta in sospeso una domanda: perché qualcuno avrebbe inventato una storia del genere?).
Protagonisti/e dell’evento sono alcuni/e ragazzini/e dai 6 ai 14 anni del Centro Comunale Estivo della cittadina marchigiana che, con il coordinamento della cooperativa sociale Systema, hanno messo in scena una recita decisamente atipica il cui tema è quello delle favole, ma in chiave postmoderna. In breve la trama è questa: il Principe Azzurro partecipa come tronista ad un episodio trash di “Uomini e donne” di Maria De Filippi, e le immancabili Biancaneve, Cenerentole e Belladdormentate tentano di conquistarne il cuore. Il finale però riserva un colpo di scena: il Principe Azzurro sceglie alla fine un ragazzo come suo compagno (il presidente della cooperativa dichiarerà in seguito che il principino ha scelto un “compagno di giochi” del suo stesso sesso, senza fare esplicitamente coming out).
Duplice, quindi, la buona notizia:
1. il tema dell’omosessualità, attraverso il linguaggio metaforico del teatro, entra in un contesto (quello dell’età scolare) in cui tradizionalmente è considerato tabù;
2. il tabù violato ha suscitato la reazione (pacatamente) indignata di un solo genitore, mentre il resto dell’affollato teatro, inclusi i rappresentanti delle istituzioni, ha applaudito con entusiasmo all’iniziativa.
E noi, ovviamente, ci uniamo all’applauso!
Gli fa eco un’altra esponente dello stesso schieramento, Margot James, dichiaratamente lesbica e convivente con un’altra donna. Fa politica sin da giovane ed è una delle candidate di punta del partito Conservatore. La James ammette candidamente che il suo orientamento sessuale non è affatto in contrasto con la visione del partito, aggiungendo anche di non essere l’unica omosessuale dello schieramento, citando il Segretario di Stato Ombra per Finanza, Impresa e Riforma, Alan Duncan, gay dichiarato, nonché libertario convinto.
In sostanza la svolta dei conservatori inglesi è rivolta ad una riduzione ai minimi termini della presenza dello Stato nella vita dei cittadini, in tutti i campi, etica compresa, in nome di un liberismo che fu già economico negli anni ‘80 con la Margaret Thatcher e ora trova continuità in campo sociale con un occhio di riguardo ai diritti glbt.
God save the queers!
Riporta il sito del Daily Mail: “Karen Wesolowski e Martha Padgett, compagne di vita, desideravano così tanto avere dei figli “insieme” che… ora si ritrovano ad avere in un giorno solo quattro bambini/e. Una coppia di gemelli! Andrew e Sienna sono nati da Karen Wesolowski, e Sophia e Alex da Martha Padgett: un maschio e una femmina per ciascuna. Tutti e quattro nati nello stesso giorno e tutti e quattro fratelli e sorelle (nella foto il ritratto di famiglia). Sì, perché i bebè sono stati concepiti dagli ovuli di Martha e dallo sperma di un donatore, con fecondazione in vitro. Due embrioni erano stati impianti in Karen, due in Martha (…).
Era da tre anni che la coppia provava ad aver figli, inutilmente. E per Karen, fisioterapista di 42 anni, l’orologio biologico stava facendosi martellante. “Avevamo provato per tre anni ed eravamo esauste” (…)
“Abbiamo provato letteralmente di tutto e speso tanti soldi. Quindi quando Martha mi ha detto che avremmo dovuto impiantare entrambe i suoi ovuli, ho pensato ‘perché no?’.” (…)
“Adesso abbiamo quattro bambini che sono tutti fratelli e sorelle” afferma Karen. “La nostra famiglia è completa”.
E ha ben ragione di dirlo. Tra l’altro anche Julia, la primogenita di Martha, vive con le due donne. E per le feste canoniche come Natale e compleanni si unisce anche David, l’ex marito della Padgett, da sempre favorevole alla nuova vita della ex compagna.
Alzi la mano chi ancora non crede alle favole.
Così scrive Lucia Boccadamo sul sito www.personaedanno.it , e prosegue citando una sentenza del Tribunale di Napoli a cui ha fatto riferimento il giudice di Bologna: “La contrarietà all’interesse del minore non può certo ritenersi insita nella identità omosessuale del genitore, così come non può esserlo nelle “opzioni politiche, culturali, religiose, che pure sono di per sé irrilevanti ai fini dell’affidamento”, poiché “l’omosessualità, infatti, e beninteso, è una condizione personale, e non certo una patologia, così come le condotte/relazioni omosessuali non presentano, di per sé, alcun fattore di rischio o di disvalore giuridico, rispetto a quelle eterosessuali”
Il padre gay, quindi, salvo non dimostri di essere persona per altre ragioni inadeguata - non diversamente che un eterosessuale - è non solo genitore meritevole di ottenere l’affidamento condiviso della propria figlia, ma è perfettamente in grado di “rispettare le esigenze e i diritti della figlia, di condurla in ambienti e di garantirle orari e stili di vita adeguati alla sua età” e di “assumere pienamente la responsabilità genitoriale, compito cui è chiamato alla pari della madre”.
(…) Il decreto del tribunale di Bologna presenta i tratti di una tappa rispettosa e discreta ma inesorabile nel segno del progresso della società.
Lucia Boccadamo conclude citando, tra l’altro, la pronuncia della Corte di Cassazione 25.7.07, n. 16417, che definisce (finalmente) l’omosessualità come “condizione dell’uomo degna di tutela in conformità ai precetti costituzionali” e manifestazione del “diritto alla realizzazione della propria personalità”.
Come fa ben sperare anche il decreto del tribunale di Bologna, la strada è aperta; bisogna solo avere le scarpe giuste per percorrerla.
La Sandrocchia Mussolini infatti, gettando un velo pietoso sulla frase “meglio fascista che frocio” – pronunciata in diretta tv qualche tempo fa da quelle stesse spropositate labbra – afferma con certezza che nonno Benito non odiava i gay.
Nell’intervista rilasciata a Klauscondicio è categorica: “assolutamente, non li odiava. Ricordo che la mia famiglia aveva tantissimi rapporti di amicizia con omosessuali. Approfitto di questa occasione per rivelare che i più grandi amici di mia zia Edda erano gay".
Sul fatto che migliaia di gay siano stati mandati al confino la Mussolini tiene a precisare che: “non nego affatto il dato storico ma dipingere la famiglia Mussolini come omofoba è sbagliato”.
Poi si sbilancia ulteriormente su proposte legislative: “Sì alle adozioni ai single. Sì anche alle adozioni per le coppie fatto”, argomentando diffusamente questa presa di posizione.
Quest’ultima affermazione ha smosso gli animi e richiesto interventi da parte dei parlamentari di vari schieramenti, incluso il suo.
Il che è decisamente più positivo dell’immobilità.
Kampang è una città Tahilandese, con una scuola piena zeppa di adolescenti, in gran parte figli di agricoltori, e di questi tra il 10 e il 20% si riconoscono nella categoria dei lady-boys.
In Thailandia vengono chiamati lady-boys i giovani transgender, adolescenti che sentono di essere imprigionati in un corpo maschile che non gli appartiene, con le loro rispettabili esigenze in fatto di toilette.
Il Preside, Sitisak Sumontha, uomo illuminato e rispettoso di tutte le diversità, ha deciso di istituire una terza porta con i servizi igienici per i lady-boys: dei bagni circondati da fiori e piante tropicali, talmente puliti da aver meritato il “Premio Nazionale per l’Igiene”.
I piccoli transgender possono quindi attraversare senza imbarazzo quella porta, corredata da un simbolo rosso e blu che rappresenta una figura metà bimbo e metà bimba (nella foto), per essere liberi di mettersi il gel nei capelli, un po’ di crema sul viso, e fare un leggero make-up senza rischiare di superare i limiti imposti dal regolamento, ma abbastanza per imparare ad accettarsi valorizzando la propria identità di genere.
“Non siamo maschi”, ha raccontato Triwate Phamanee, 13 anni, uno degli studenti della scuola di Kampang fermamente convinto che un giorno cambierà sesso. “Per questo non vogliamo usare il bagno dei maschi. Vogliamo che si sappia che siamo transgender”. Dello stesso avviso Vichai Saengsakul, 15 anni: “La gente deve sapere che essere transgender non è uno scherzo, è il modo in cui vogliamo vivere la nostra vita. Per questo siamo grati alla scuola per quello che ha fatto”.
Sarebbe bello sentire i giovani studenti dell’evoluto occidente usare toni simili di orgoglio e gratitudine, senza rischiare di beccarsi un 7 in condotta… o di essere imbottiti di Ritalin!
“Il suo compagno era morto a gennaio in un incidente. Ora l’assicurazione lo risarcisce. Ma sono una coppia omosessuale (…).
Il risarcimento è stato reso possibile dal fatto che la coppia è di origine francese e oltralpe aveva formalizzato la propria unione grazie ai Pacs. I due vivevano a Venezia da anni, ma avevano mantenuto la residenza a Parigi proprio perché lì veniva riconosciuta la loro relazione (…).
L’avvocato della coppia (…) ha convinto anche la direzione italiana delle Assicurazioni Generali ad attuare lo stesso comportamento che avrebbe tenuto in Francia. E così, per il pensionato rimasto solo, giustizia (francese) è fatta”.
Dall’Ansa del 29 luglio.
“Una donna è stata risarcita dall’assicurazione di una struttura ospedaliera per la morte della compagna, vittima di un errore di cura. Lo riferisce il portavoce del tavolo Lgbt (…) del Pd, Marco Volante (…). L'assicurazione dell'ospedale ha liquidato alla donna (…) il danno in via stragiudiziaria senza pretendere altra documentazione che quella comprovante l'effettiva convivenza (…). A differenza della coppia francese che aveva contratto una forma di unione in Francia, le due donne, precisa Aurelio Mancuso, presidente nazionale di Arcigay, non avevano alcun titolo neppure contratto all'estero” (…)
Due eventi, avvenuti a breve distanza l’uno dall’altro, con un evidente punto in comune; le compagnie assicurative hanno anticipato, con una decisione destinata a fare storia, quello che il nostro Parlamento non è ancora riuscito a fare: il riconoscimento di una coppia di fatto.
Ebbene sì: le Drag Queen del “Mamamia” di Torre del Lago hanno conquistato anche la serata di chiusura della Festa de l’Unità – o Festa Democratica che dir si voglia – di San Miniato (Pisa), scalando con tacchi vertiginosi e boa di struzzo la rossa roccaforte del ballo liscio e della ruota del prosciutto. E sono riuscite con ombretto, ciglia finte e rossetti glitterati nell’ardua impresa di mettere d’accordo l’anima più marxista e la parte più cattolica del PD (ciò che il “dialogante cronico” Uòlter Veltroni non è ancora riuscito a fare).
In realtà non è la prima iniziativa del genere. Già nel 2007 il gruppo drag Les Artistes del Circolo glbt Maurice di Torino si è esibito con grande successo sui palchi di Liberafesta (la festa di Rifondazione) a Biella e a Torino, portando tra compagni/e sopraggiunti/e in gran numero il loro slogan: “Se le buone idee devono avere buone gambe per camminare, noi abbiamo deciso di farlo camminando sui tacchi”.
Yes, we drag!